Tanto tempo fa - manco a farlo apposta era il 2001 - segnalai agli immarcescibili autori di Stanley & Us che dalle mie parti, in provincia di Bologna, lavorava uno scenografo e artista che aveva partecipato alla realizzazione di 2001: Odissea nello spazio.
Si tratta di Gino Pellegrini, la cui esistenza e opera scoprivo da questo sito ancora esistente. Uno dei tre autori di Stanley & Us, Federico Greco, riuscì a contattarlo per una breve intervista che vi propongo qui in versione integrale (ho rimosso solo un link ad un sito non più attivo) dopo averla ripescata dallo scomparso sito che la ospitava, Cinemazip.rai.it. Grazie a Federico per il permesso.
Rileggendo l'intervista oggi ho solo un dubbio: il guinzaglio che mi era sembrato di intravedere nella scena del leopardo non l'ho più rivisto nè in blu-ray nè al cinema in 35 o 70 millimetri. (Mi chiedo se sia stata un'allucinazione causata dalla bassa risoluzione di quel primitivo DVD.)
Non è incredibile, invece, la riservatezza e la modestia di Gino Pellegrini, che è simile a quella di Emilio D'Alessandro, il collaboratore più prezioso di Kubrick, suo autista-tuttofare per trent'anni, mirabilmente ritratto da Filippo Ulivieri in Stanley Kubrick e me.
GINO PELLEGRINI, IL PITTORE DELLE NUVOLE
Sabato 21 Luglio 2001
di Federico Greco con la collaborazione di Simone Odino
Gino Pellegrini, scenografo, ha sessant'anni. E’ nato infatti a Lugo di Vicenza il 13 agosto del 1941. Verso la metà degli anni '60, dopo essersi trasferito negli Stati Uniti per studiare alla Facoltà di Architettura dell'U.C.L.A. e conseguire, alla Art Center School di Los Angeles, il Master in Fine Arts, ha l’incredibile privilegio di trovarsi sul set di 2001: Odissea nello spazio. Ovviamente non poteva prevedere allora cosa sarebbe diventato nel tempo quel film epocale, e anche oggi mostra una semplicità e un'umiltà che confinano con la saggezza.
Abbiamo provato a chiedergli se voleva essere intervistato per il nostro documentario Stanley and us Project, ha gentilmente declinato dicendo che preferisce kubrickianamente rimanere defilato nella sua cittadina. Ci ha concesso però qualche minuto prezioso al telefono.
Quale fu il suo ruolo nel film?
Collaboravo con Harry Lange, accreditato ufficialmente come scenografo, e con gli altri due "production designer" del film, che in realtà erano scienziati della NASA, Tony Masters e Ernie Archer.
Alcuni considerano Tony Masters una sorta di co-autore del film, insieme a Kubrick, perché fu lui a coordinare tutto il lavoro di realizzazione scenografica, soprattutto per quanto riguarda la ricostruzione della navicella PanAm Orion.
Qual era esattamente il suo compito?
Alcuni dettagli della scenografia: dovevo ridipingere continuamente le nuvole per il modellino della Terra vista dalla Stazione Spaziale. Era un modellino di un metro per un metro e venti. Per ogni nuova inquadratura Kubrick voleva che la vista fosse diversa, come se le nuvole si fossero mosse veramente.
Un esempio della sua incredibile meticolosità…
Sì. Un altro intervento fu sulle quinte della sequenza iniziale dell’Alba dell’Uomo.
Cioè?
Come sapete Kubrick volle girare quella scena con la front projection, cioè con delle diapositive proiettate sullo sfondo delll’inquadratura che raffiguravano scene di deserto, come la Terra avrebbe dovuto essere milioni di anni fa. Ma c’erano anche delle quinte di legno che servivano a dare l’effetto della profondità. Per esempio nella scena del leopardo, il masso vicino era un masso di legno costruito appositamente, dietro il quale fu nascosto il guinzaglio che teneva il leopardo legato. La corda poi fu anche cancellata fotograficamente (ma se ci fate caso se ne vede un pezzo, purtroppo per il momento solo sul DVD in vendita negli USA, dove tra l’altro – usando la slow motion e il fermo immagine – si intravede anche la texture dello scotchlite dello schermo alle spalle della scena per la front-projection, n.d.r.)... Altre quinte presenti in quella sequenza che io disegnai simulavano dei cespugli.
Il leopardo fu veramente l’unico punto debole di quella incredibile ricostruzione, avvenuta in studio con un sistema detto Sinar, composto di una proiezione frontale (invece di quella retro più diffusa all’epoca) di diapositive 25x20 cm. su schermo catarifrangente della 3M di 12x27 metri. Infatti quando il leopardo volge lo sguardo verso la macchina da presa si vedono i suoi occhi brillare per la luce della proiezione.
Ma di aneddoti sul film ne esistono migliaia, e molti di questi vengono sapientemente raccontati in un documentario che Channel Four ha mandato in onda qualche settimana fa. Per comprendere fino a che punto Kubrick pretendesse il massimo dai suoi collaboratori, basti ricordare quello che si diverte a ripetere John Baxter nella sua biografia non autorizzata.
Sentite una delle vessazioni che Gino Pellegrini dovette subire sul set:
"Gli scenografi non lavoravano mai abbastanza in fretta. Kubrick era convinto che i suoi collaboratori passassero la maggior parte del tempo a chiacchierare e a bere tè e prese in considerazione l’idea di installare un sistema di monitoraggio a circuito chiuso nascosto per sorvegliarli, fino a quando i lavoratori più informati sulle regole del sindacato britannico lo avvisarono che una mossa simile avrebbe immediatamente provocato uno sciopero".
Oggi Gino Pellegrini vive a Monte S.Pietro (Bologna), ed è titolare di un’azienda che si occupa di scenografia, dove applica una preziosa esperienza di lavoro maturata nel cinema americano. Oltre a 2001 ha lavorato per esempio ne Gli Uccelli di Hitchcock, Mary Poppins, West side story, e le serie televisive Star Trek e Il pianeta delle scimmie. Se volete avere un assaggio delle sue incredibili capacità di creatore di scenografie trompe l’oeil – e capire perché sia stato ingaggiato dal regista più incontentabile della storia del cinema – visitate il sito, virtuale e reale, di Persiceto, nella bassa bolognese. Ne scoprirete delle belle.
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